La due diligence EUDR, come da Regolamento UE 2023/1115, è una procedura obbligatoria prevista dal Green Deal Europeo per contrastare la deforestazione associata ai prodotti commercializzati nell’Unione. In vigore dal 2023, prevede scadenze di applicazione operative tra fine 2025 per i grandi operatori e giugno 2026 per le piccole e medie imprese.
Il regolamento impone agli operatori economici di dimostrare che materie prime come legno, soia, cacao, caffè, gomma, bovini e olio di palma siano deforestation-free dopo il 31 dicembre 2020 e prodotte nel rispetto delle leggi locali.
La due diligence EUDR richiede un approccio strutturato: raccolta e verifica delle informazioni, valutazione e mitigazione del rischio, dichiarazione digitale e monitoraggio continuo. Per le aziende che operano nei settori di riferimento, la priorità è trasformare requisiti complessi in un processo governabile e integrato con i sistemi aziendali.
Raccolta di informazioni e tracciabilità
La due diligence EUDR inizia dalla qualità del dato. Ogni partita destinata al mercato UE deve essere associata a informazioni verificabili su prodotto, filiera e origine. La tracciabilità si spinge fino alla geolocalizzazione puntuale degli appezzamenti da cui provengono le materie prime.
Grazie a questa è possibile attuare il controllo attraverso banche dati e layer cartografici che identificano eventuali conversioni d’uso del suolo successive alla data limite. La documentazione deve attestare anche la conformità legale nel Paese d’origine.

In ottica operativa, conviene definire un modello dati comune a livello di gruppo che standardizzi attributi, formati e regole di qualità. La centralizzazione evita ridondanze e semplifica l’onboarding dei fornitori, che possono così trasmettere informazioni in modo coerente. Strumenti di data collection guidata come portali supplier, API e integrazioni EDI, riducono errori e tempi di ciclo, mentre l’audit trail sull’intero flusso permette di ricostruire ogni modifica.
Valutazione del rischio secondo EUDR
Raccolti i dati, la normativa richiede una valutazione strutturata del rischio che consideri contesto geografico, complessità della filiera, storico dei fornitori e indicatori di allerta. La classificazione UE dei Paesi per livello di rischio aiuterà a calibrare controlli e frequenza delle verifiche, ma non sostituisce l’analisi interna. Un’azienda matura definisce criteri oggettivi, soglie e responsabilità: chi valuta, su quali evidenze, con quale frequenza.
È utile adottare matrici di rischio che combinano probabilità e impatto, collegandole a trigger operativi, come un cambio di fornitore o una nuova area di coltivazione, che impongono una rivalutazione.
Sul piano tecnologico, motori di risk scoring possono incrociare geodati, dataset pubblici e specialistici e informazioni proprietarie per restituire un indice univoco per partita o fornitore. La trasparenza del metodo è essenziale: occorre poter spiegare perché una fornitura è stata giudicata a rischio trascurabile o elevato e quali fonti sono state utilizzate.
Mitigazione del rischio nella due diligence EUDR
Se l’analisi indica un rischio superiore alla soglia di trascurabilità, la due diligence EUDR impone misure correttive prima dell’immissione sul mercato. Le opzioni vanno dal rafforzamento contrattuale ai controlli di terza parte sul campo, fino all’uso di monitoraggi satellitari ricorrenti e al reindirizzamento degli approvvigionamenti su fonti a minor rischio.
Un framework di mitigazione efficace è tracciabile, misurabile e ripetibile: definisce obiettivi come la riduzione del rischio residuo, le funzioni responsabili, i tempi e le prove documentali. Chi governa la filiera deve poter dimostrare che le azioni intraprese hanno ridotto il rischio a un livello trascurabile, con evidenze archiviabili e riesaminabili.
Dichiarazione di due diligence EUDR (DDS)
La fase dichiarativa è il punto di contatto con le autorità. Tramite il portale EUDR si presenta la Dichiarazione di Due Diligence (DDS) per ciascuna partita, attestando conformità, tracciabilità e rischi residui. La DDS include i dati raccolti e riferimenti alle misure di valutazione o mitigazione. Il numero univoco assegnato diventa la chiave per i soggetti a valle, che devono conservarlo e richiamarlo senza dover ripetere l’intera due diligence.
La due diligence EUDR prevede anche obblighi di retention: la documentazione deve essere disponibile per anni, pronta per audit o controlli a campione. Ciò richiede un repository centralizzato, policy di conservazione e regole di accesso profilate. Collegare la DDS a ordini, DDT e partite fisiche nel gestionale evita disallineamenti tra flussi informativi e flussi logistici.
Monitoraggio continuo e miglioramento
In linea con quelle che potremmo definire normative di nuova generazione, la conformità EUDR non è un adempimento statico. La due diligence EUDR deve prevedere monitoraggio periodico di fornitori, aree di origine e performance di processo. Indicatori come copertura di geolocalizzazione, percentuale di fornitori con documentazione aggiornata, tempi medi di completamento DDS e non conformità per audit aiutano il management a misurare maturità e priorità di intervento. Quando cambiano prodotti, fornitori o aree, le analisi vanno aggiornate e le DDS collegate alle nuove evidenze.
Un ciclo Plan-Do-Check-Act garantisce la tenuta nel tempo: pianificazione delle campagne dati, raccolta e validazione, controllo su qualità e rischi, revisione di regole e sistemi. Questo approccio rende scalabile la compliance in gruppi multi-Paese e con filiere articolate.
Adeguare l’azienda alla due diligence EUDR
Rispettare la due diligence EUDR significa coordinare procurement, qualità, sostenibilità, aspetti legali e IT in un programma unitario. È utile definire un centro di competenza con mandato sul modello dati, sugli standard di valutazione e sulle relazioni con i fornitori strategici.
La componente tecnologica abilita velocità e coerenza: portali fornitori con onboarding guidato, API per scambio dati, connettori verso ERP/MES e piattaforme ESG, oltre a funzionalità di geo-verifica e storicizzazione. Gli strumenti digitali sono indispensabili per rendere sostenibili dal punto di vista organizzativo e strutturale i diversi adempimenti richiesti dal regolamento.
In ottica di interoperabilità, conviene adottare standard aperti per i dataset così da ridurre costi di integrazione e favorire l’evoluzione futura. Per gruppi internazionali, un modello “centro-stella” preserva la responsabilità locale nella raccolta ma accentra regole, controlli e reportistica, semplificando le verifiche interne ed esterne.
Tecnologie abilitanti: integrazione e auditabilità
La digitalizzazione è il denominatore comune. Soluzioni ERP e piattaforme di sostenibilità possono automatizzare la raccolta e normalizzazione dei dati, alimentare il risk scoring con fonti interne ed esterne, generare la DDS e garantire auditabilità end-to-end. Questi strumenti aiutano anche a evitare ambiguità su codici, unità di misura e mapping tra sistemi, mentre data fabric e data catalog semplificano la ricerca e il riuso delle informazioni.
In scenari complessi, componenti dedicate alla tracciabilità di lotto e prove di integrità dei dati aumentano l’affidabilità percepita e accelerano gli audit. La possibilità di collegare la due diligence EUDR a framework ESG più ampi come CSRD e ESRS riduce la duplicazione: la geolocalizzazione, la conformità legale e le evidenze documentali sono riutilizzabili in più contesti di rendicontazione.
Tempistiche, rischi e sanzioni: perché agire ora
Le scadenze fissate dal regolamento richiedono una pianificazione proattiva. Attendere l’ultimo momento espone a rischi di interruzione operativa, con merci non immettibili sul mercato UE, e sanzioni economiche proporzionate alla gravità delle violazioni. La due diligence EUDR impatta processi, ruoli e sistemi: occorre tempo per mappare la catena, coinvolgere i fornitori, stabilire standard di dato e collaudare la generazione delle DDS.
Un percorso tipico può articolarsi in tre fasi: assessment, implementazione e messa a regime. La disponibilità di sandbox e dati di prova accelera test e onboarding, limitando rischi su produzione.
Una roadmap basilare per la Due Diligence EUDR
Per dare concretezza alla trasformazione e mantenere il focus sulle priorità operative, è fondamentale definire una roadmap chiara e ben strutturata. Questo percorso rappresenta un’indicazione di massima per l’implementazione della due diligence EUDR, per affrontare in modo sistematico tutte le tappe essenziali: dalla progettazione della governance e del modello dati, alla mappatura dei fornitori e delle materie prime, fino al set-up dei canali di raccolta, all’implementazione delle regole di rischio e alla generazione pilota delle dichiarazioni:
- Mappatura dei fornitori, delle materie prime e del perimetro di geolocalizzazione
- Set-up dei canali di raccolta dati e definizione delle regole di qualità
- Implementazione del risk scoring e dei workflow di mitigazione
- Generazione pilota della due diligence EUDR su un cluster di prodotti
- Roll-out e monitoraggio con KPI e audit trail
Attraverso una progressione ordinata e monitorabile, la roadmap facilita il coinvolgimento degli stakeholder e la misurazione dei risultati, in modo che ogni fase contribuisca in maniera concreta al raggiungimento degli obiettivi di conformità e sostenibilità.
Governance possibile con gli strumenti digitali
Come abbiamo visto e come dovrebbe essere chiaro dalle nuove modalità che i legislatori intendono promuovere, la due diligence EUDR richiede metodo, coerenza e replicabilità. In quest’ottica diventa un esercizio di governo della filiera che migliora conoscenza, resilienza e credibilità.
Portare i requisiti normativi dentro processi e sistemi, con dati solidi e controlli verificabili, permette di evitare blocchi e sanzioni, ma soprattutto di costruire fiducia lungo la supply chain e presso il mercato.
Questo delinea una roadmap di requisiti e sfide organizzative: standardizzare il dato, automatizzare i passaggi critici, assicurare auditabilità e rendere ripetibile il processo. Così la conformità si traduce in vantaggio operativo, e la sostenibilità diventa parte naturale del modo in cui l’azienda pianifica, acquista e consegna valore.
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