Quando si tratta dei sistemi e dell’infrastruttura informatica dell’azienda, un aggiornamento può essere necessario per diversi motivi. Il più semplice è il raggiungimento del termine del supporto per alcuni dei prodotti o servizi, quello a cui spesso ci si riferisce come fine vita. Ma può anche essere necessario per soddisfare nuove necessità aziendali o un rinnovato approccio alla filiera produttiva o al mercato. Negli ultimi anni, per esempio, abbiamo assistito a una forte accelerazione verso il Cloud dovuta sia alla situazione contingente sia alla necessità di soluzioni sempre più flessibili e affidabili, anche in termini di infrastruttura.

Molto più di un aggiornamento software o di una migrazione

Un tempo, quando il digitale (o meglio “l’informatica” come la si identificava fino al decennio scorso) era un layer operativo scollegato o solo parzialmente integrato nei processi aziendali, si usava fare riferimento a termini come aggiornamento del software o migrazione dei sistemi per indicare i momenti in cui avvenivano cambiamenti strutturali all’infrastruttura IT. Oggi, come sappiamo, le cose sono molto diverse. La ragione è semplice: l’IT è trasversale a tutti i processi e in molti casi influenza, o dirige, la governance aziendale. Anche senza raggiungere i picchi tipici delle data driven company, oggi l’accesso ai dati e in generale ai servizi IT è vitale praticamente per tutti i reparti aziendali.

Questo introduce livelli di complessità, sia a livello strutturale sia a livello operativo, che rendono il processo di aggiornamento particolarmente delicato. Di conseguenza negli anni sono nati diversi approcci, che permettono di effettuarlo in modo ottimale in funzione delle esigenze aziendali. Le tre tecniche di migrazione principali sono Greenfield, Brownfield e Bluefield: la principale differenza fra i tre sta nel trattamento dei dati, ma anche dei processi e dei servizi, già presenti nell’ecosistema nel quale si opera. Vediamoli nel dettaglio.

Aggiornamento Greenfield: si riparte da zero con le idee più chiare

L’approccio Greenfield prevede sostanzialmente un nuovo inizio per l’infrastruttura aziendale, con una implementazione completamente nuova. Nel caso di SAP, l’approccio Greenfield permette di creare processi e configurazioni completamente diversi. Dal momento che praticamente si parte con un sistema interamente nuovo, si crea l’opportunità di consolidare i sistemi esistenti in una piattaforma inclusiva, ma anche di rivedere i processi, identificare le inefficienze. In pratica è possibile usare l’aggiornamento come occasione per “ristrutturare” i processi aziendali.

A fronte di queste opportunità, un’implementazione Greenfield richiede alcune attenzioni. Prima di tutto è un processo che favorisce la distruttività dei sistemi esistenti. Quindi se ci sono dati, impostazioni, procedure o anche implementazioni proprietarie che si vogliono conservare, può essere difficile conciliarle con la spinta innovativa di questa soluzione. In genere si favorisce l’applicazione di questa soluzione a fronte di sistemi molto datati, oppure quando le necessità aziendali sono cambiate radicalmente dopo la precedente implementazione.

greenfield

Aggiornamento Brownfield: un approccio conservativo

Diversamente dal precedente, l’approccio Brownfield è più simile a un aggiornamento in senso canonico: l’idea è quella di trasformare e aggiornare il sistema o i sistemi esistenti, migrando i dati, le personalizzazioni, i processi e in generale tutti gli oggetti sulla nuova piattaforma.

Il vantaggio principale di questa soluzione è la sua semplicità: si trasferisce tutto su una piattaforma rinnovata e aggiornata, come avviene per esempio nel caso di un passaggio da SAP ECC a S/4HANA, semplicemente spostando tutta l’infrastruttura sulla nuova piattaforma, preservando tutto quello che vi si trova. In genere si tratta dell’approccio preferenziale per le implementazioni non troppo datate, in cui le scelte conservative sono preferibili.

Quello che bisogna considerare dell’approccio Brownfield, tuttavia, è che non può essere selettivo: tutto quello che si trova nel vecchio sistema viene riversato “as is” in quello nuovo. Inoltre, proprio perché richiede una sostituzione 1:1, richiede periodi di switchoff di lunghezza variabile, inadatti alle aziende poco resilienti ai downtime.

Soluzione Bluefield: un approccio ibrido

Se i sistemi sono particolarmente complessi, molto stratificati o presentano particolari criticità, è possibile approcciare l’aggiornamento con la soluzione Bluefield o ibrida, agendo in modo selettivo. In pratica, laddove le soluzioni Greenfield o Brownfield prevedono un approccio comunque radicale o monolitico, nel rimuovere tutto il pregresso o nel conservarlo nella sua interezza, la migrazione selettiva offerta dalla soluzione Bluefield permette di essere selettivi.

Ready4YourMove

Questo significa, per esempio, che è possibile conservare un processo consolidato e trasferirlo nella sua interezza, ma integrando il dataset con una nuova source of trust, oppure integrare una soluzione tecnologica preesistente ma insostituibile (come accade nel caso di alcuni macchinari) all’interno di un nuovo sistema. Nel caso dell’ecosistema SAP l’approccio Bluefield è particolarmente interessante per quello che concerne le personalizzazioni, alcune delle quali hanno una valenza storica.

Insomma, a fronte di infrastrutture e sistemi particolarmente complessi, in cui è necessario agire con discrezionalità, la soluzione Bluefield è senza dubbio la più indicata. Bisogna tuttavia ricordare che sceglierla introduce alcuni livelli di complessità, sia legati all’implementazione nel mondo reale (per esempio incompatibilità con i sistemi preesistenti) sia legati alla roadmap operativa: ciascun oggetto, infatti, deve essere trattato come un caso a sé, il che rende la procedura di aggiornamento più articolata, con conseguente ricaduta sui tempi.

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